newsOrganizzazioneProduttivitàTecnologia

Innovazione tecnologica e tecnologia digitale? Salvano lavoro (e scuola)

Foto di Edge2edge Media da Unsplash

Carenza di innovazione tecnologica e tecnologia digitale: una criticità riguardante tanto le aziende quanto scuole e Università, per l’organizzazione del lavoro – o dello studio – da remoto. Tutto però si risolve quando, invece, esse vengono implementate. Se le imprese italiane sono ancora molto indietro, a indicare la soluzione è il caso di un celebre Ateneo: la LUISS di Roma.

Il problema della mancata innovazione tecnologica sta impattando fortemente le aziende, in difficoltà nel riorganizzare un nuovo lavoro ibrido: non più smart working puro, ma che preveda un ufficio ibrido in grado, con la giusta tecnologia digitale, di far lavorare in sicurezza e benessere tutti i dipendenti “da ovunque”. La stessa criticità, però, ha investito e investe anche altri tipi di “lavoratori”: i nostri studenti. Questi, lo sappiamo, tanto hanno penato con la DAD: problemi di connettività, sia per il digital divide che per la mancanza di connessione veloce a casa, ma anche difficoltà per scuole e Università di garantire cyber security e sicurezza dei dati con opportuni sistemi infrastrutturali. C’è però un esempio di una Università, la LUISS di Roma che, grazie alla tecnologia digitale già in uso, e poi ulteriormente implementata, non ha sperimentato né perciò dato alcuna difficoltà a nessuno dei propri studenti: essa mostra come la soluzione di tutto stia proprio nell’innovazione tecnologica – come d’altronde abbia già discusso nel nostro articolo «Tecnologia digitale e cyber security per il nuovo ufficio ibrido». Un monito, questo, anche per le aziende, in genere molto indietro sul punto.

A parlarcene è Carlo Fei, Managing Partner TCSG, Senior Partner ICM Advisors, Professor of Practice a Luiss Business School, presso LUISS Guido Carli, che ci dà la propria testimonianza personale su entrambe le realtà, data la sua esperienza di consulente per innumerevoli aziende e di docente LUISS.

SMART WORKING AZIENDALE, LUCI E OMBRE

«Come consulente di Brand Strategy per tante imprese», spiega Fei, «posso testimoniare le conclusioni cui sono giunto, osservando gli effetti dello smart working nelle aziende: qui, in effetti, non è tutt’oro quel che luccica». Che cosa intende, esattamente? «Certo lo smart working ha aiutato moltissimo. È stato un piano B che ha permesso, all’inizio, di conservare la continuità del business, aprendo un nuovo scenario e portando flessibilità nel modo di lavorare. Lo smart working nelle imprese, però, non ha significato solo positività».

«Mi spiego», prosegue. «Da un lato, ho amici negli USA che, posti in condizione di lavoro agile, sono andati nel Wyoming quattro mesi. Lavoravano efficacemente e poi utilizzavano le ore libere per sciare. Al contrario, in Italia, ho visto dipendenti lavorare da casa in condizioni assurde, con connessioni non funzionanti, che non favorivano né produttività né benessere. Senza contare poi», aggiunge, «la mancata sicurezza dei dati: chi si collega da casa, con la propria semplice rete Wi-Fi, anziché con connessioni sicure messe a disposizione dalle aziende, magari con password come “1234”, mette a rischio la cyber security».

Mancanza di innovazione tecnologica e adeguate tecnologie digitali, non solo per il digital divide, ma anche per carenza di strumentazione tecnologica e di un apposito adeguamento di reti e strutture: ecco il problema.

Foto di Discover Savsat da Unsplash

«A questo aggiungiamo», continua, «il venir meno di relazioni affettive, di quella socialità presente invece sul posto di lavoro, che alimenta creatività, scambi, e chiarisce anche possibili equivoci, come sempre accade nei team. In sintesi, del lavoro agile non c’è da essere né detrattori assoluti né, però, entusiasti. Ha fatto capire che ci può essere un altro modo di lavorare: magari una giornata alla settimana da casa ha senso. Spostare completamente o quasi, però, il lavoro in una forma di lavoro da remoto puro non è possibile».

LAVORO IBRIDO, NECESSITÀ E SFIDE

Proprio questo, non a caso, è il nuovo modello di lavoro ibrido che, sempre di più, le imprese tentano di affermare oggi: un mix di lavoro da casa e dal posto di lavoro che consenta ai dipendenti di lavorare “da ovunque”. «Io sono assolutamente d’accordo. Tutte le aziende con cui collaboro stanno cercando di riportare in maniera strutturata i dipendenti sul posto di lavoro. La socialità che si vive in ufficio è il motore della creatività e del lavoro di squadra, fatto non di incarichi, ma di logiche da coltivare insieme».

Anche il lavoro ibrido, però, non è esente da sfide. Le imprese sono pronte a creare un ufficio ibrido, in grado di fornire strumentazione tecnologica e adeguamento di reti e strutture? «Ben poche», conferma. «Chi voleva innovare tecnologicamente l’ha già fatto da tempo. Solo le grandi multinazionali muovono qualcosa, ma in genere le piccole e medie imprese italiane sono ferme».

DIDATTICA A DISTANZA, STESSE CRITICITÀ

Nel caso di quel particolare “lavoro”, che sono studio e didattica, i problemi sono gli stessi.

«Pure qui si è dovuto, come nel lavoro, rivedere completamente i modelli di somministrazione», spiega Fei. «Non si è trattato solo di un cambio di metodo, ma di approccio culturale. Un processo che, in generale, richiede tempi di adattamento non brevi, con la fruizione, da parte dei docenti, di corsi per l’aggiornamento delle competenze. Non solo nelle scuole, ma anche negli Atenei, persino all’estero, è andato tutto benissimo finché non è esploso il lockdown. Poi è entrato in crisi tutto il modello didattico di interazione tra i ragazzi. Ho visto l’esempio di mio figlio, in un’Università all’estero: mancavano totalmente le strutture tecnologiche in grado di porre in condizione gli studenti di operare. C’erano famiglie con genitori e figli che lavoravano e studiavano tutti nella stessa stanza e tutti collegati insieme, senza le necessarie condizioni di privacy e di opportune connessioni tecnologiche».

Foto di Brooke Cagle da Unsplash

IL CASO LUISS: L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA È LA SOLUZIONE

Tutto cambia, però, quando innovazione tecnologica e adeguate tecnologie digitali, anche in termini di cyber security, vengono implementate: come dimostrano i casi di LUISS Guido Carli e LUISS Business School.

«Anche qui porto semplicemente la mia testimonianza come professore di tali Università», continua Fei. «Posso dire però, per quanto vissuto, che noi, al contrario di tanti, siamo stati incredibilmente veloci. Eravamo già pronti».

«Solo un esempio straordinario. Il 5 marzo 2020, giorno che non dimenticherò mai, al mattino tenevo una lezione in presenza. La sera, Conte ha annunciato il lockdown. Io, il 6 mattina stesso – un venerdì, me lo ricordo ancora -, ero connesso dall’Università con tutti i miei studenti, senza neanche un intoppo tecnologico. Siamo riusciti a fare lezione in aula, con me da solo con una telecamera e grandi schermi in cui vedevo i volti degli studenti. La tecnologia non è stata per noi un problema».

Com’è stato possibile tutto questo? «Grazie a un doppio livello di azione», risponde. «Da un lato, avevamo già le aule collegate cablate e ben attrezzate. Inoltre, già da una decina d’anni, tutti gli studenti sono dotati di laptop, con cui prendono appunti, fanno ricerche, danno feedback: loro sono ormai abituati e nessuno ha mai lamentato problemi di connessione. Dall’altro, nel giro di un mese, la rete è stata ulteriormente implementata, per far fronte alla nuova situazione che, si sapeva, sarebbe accaduta. Non c’è stato, infatti, nessun problema di connessione, non solo per gli studenti che si connettevano da remoto, sì, ma in strutture del campus, tutte dotate di ottima connettività, bensì neppure per quelli che studiavano da casa. A livello tecnologico, insomma, è stato un caso straordinario: un miracolo implementato in pochissimo tempo. È stato fatto un lavoro incredibile e senza impatto su nessuno».

Possibile che sia andato tutto sempre così bene? «Guardi, io mi limito a rendere conto della mia esperienza personale», precisa, «non parlo “a titolo ufficiale LUISS”. Sicuramente, però, noi questo problema non lo abbiamo avuto e, le rarissime volte che qualche criticità si è presentata, tutto è stato risolto in brevissimo tempo. Siamo stati davvero veloci. Certo, strada facendo abbiamo dovuto cambiare il modo di rapportarci ai ragazzi: un lavoro che stiamo portando avanti tuttora, sperimentando innovazioni tecnologiche continue. Attualmente abbiamo ripristinato una modalità “mix”: un po’ in presenza, un po’ da remoto. L’importante, però, è non fermarsi mai: una sfida, confesso, molto stimolante».

TAKEAWAYS

  • Innovazione tecnologica e tecnologia digitale: queste le criticità che impattano tanto le aziende quanto scuole e Università, per l’organizzazione del lavoro – o dello studio – da remoto. Sia imprese che didattica sono sempre state, e sono tuttora, molto indietro su questo piano.
  • Tutto cambia, però, quando tali implementazioni vengono realizzate: a dimostrarlo il caso LUISS di Roma, tecnologicamente pronta già da tempo al cambiamento e che, comunque, in un mese ha ulteriormente implementato strutture tecnologiche e rete infrastrutturale, per garantire ottima connettività e cyber security.
  • A testimoniare tutto questo, sia sul fronte aziendale che didattico, Carlo Fei, consulente aziendale di Brand Strategy e Professor of Practice a Luiss Business School, che racconta la propria esperienza personale su entrambi i fronti.

 

Rachele Zinzocchi
Digital Marketing Manager, Public Speaker, Formatrice, Autrice. Riconosciuta da LinkedIn nella Top 5 dei Most Engaged and Influencer Marketers per l’Italia, scrive da 20 anni per le principali testate nazionali sia cartacee che online, e cura la comunicazione digitale di aziende e liberi professionisti. Filosofa laureata alla Normale di Pisa, ha un grande pregio: non si arrende mai. E un grande difetto: non si arrende mai!

    You may also like

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    More in news